Articolo Pascale - Cosimi 1

Roberto Cosimi
L'artista dei chiodi
Roberto Cosimi
L'artista dei chiodi
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Forgiare il ferro, scoprire l'uomo
 
Di Mario Michele Pascale
 
Roberto Cosimi non è cattolico, né cristiano. Almeno nel senso convenzionale del termine. Non segue la liturgia né comprende la necessità di un ordine sacerdotale e di una gerarchia ecclesiastica. Crede, però, nella necessità, da parte degli uomini, di guardare oltre la materia. Ci sono domande, che ineriscono alla vita e alla morte, alla sofferenza e alla giustizia, al bene e al male, su cui non possiamo dare razionalmente risposte. Esiste, in noi, una tensione verso l'infinito e l'assoluto. E abbiamo anche un enorme bisogno di amare ed essere amati, in quanto creature gettate nel mondo. Di uscire dalla nostra solitudine comprendendo l'infelicità e la tragedia cui molti noosti.

Roberto Cosimi è un comunista e socialista eretico. O almeno lo è stato finché il comunismo è esistito ed il socialismo è stato una cosa seria.  Lo attirava e lo attira l'idea di una società di eguali, dove ognuno di noi avrebbe avuto soddisfatti i propri bisogni materiali e sarebbe stato libero dalla fame e dalle necessità, pronto a perseguire i suoi bisogni spirituali, intellettuali, culturali. Ben lontano dalla violenza di cui anche il comunismo e stato capace, da Budapest a Praga. Ma non solo.
Finite le grandi ideologie di liberazione del ‘900, cosa resta, se non l'umano? L'umanità dolente che ha sete, ha fame, muore nel Mediterraneo per sfuggire alla morte, che fugge dalla guerra, che ogni giorno, nelle nostre città, nelle nostre periferie è in guerra per sopravvivere. Quell'umanità che viene barbaramente uccisa da chi ha anche il coraggio di dire: "lo faccio per amore". Solitudine esistenziale, sofferenza, violenza sulle donne, violenza sui migranti, sui bambini, in un mondo che potrebbe avere spazio e risorse per tutti.
Rivolgersi ad un dio, in questo caso, farebbe bene. Sarebbe consolatorio. Se Roberto Cosimi fosse cattolico o quantomeno cristiano lo farebbe anch’egli. Ma qualcuno, prima di lui, già lo ha fatto, dall'alto di una croce. La sua domanda, che risuona come un colpo di cannone nella storia dell'Occidente: "Padre, perché mi hai abbandonato?", si è persa nel silenzio: nessuno si è degnato di darle una risposta. Quel che resta, di questo interrogativo, è un cadavere. Alcuni dicono che sia risorto. Bene, ma è una questione forse di fede, sicuramente di privilegio. Se il figlio del dio risorge, per quanto torturato, milioni di esseri umani sono stati condannati al silenzio delle loro tombe. Non sono risorti i morti di Sabra e Shatila, né quelli di Aushwitz, e neanche le vittime dei gulag.
Essi, evidentemente, non erano figli di ...
Roberto Cosimi usa i chiodi per le sue creazioni. I chiodi sono uno strumento utile per l'uomo, tengono insieme il legno. Sopportano il peso delle cornici, quindi anche dell'arte che vi è contenuta e dei nostri ricordi in forma di fotografia. Eppure sono anche uno strumento di tortura. Gesù di Nazareth ne sa qualcosa. La scelta dei chiodi, nelle opere di Cosimi, non è casuale. E' l'ambiguità, l’ambivalenza della vita, fonte di gioia, ma anche di profondo dolore. E alla fine chi di noi, nella sua esistenza, non conta solo il dolore, tralasciando gli attimi di felicità? Il dolore è un'esperienza fondante, ci forgia, crea in noi un senso atavico e strumentale di ciò che è buono e di ciò che è sbagliato. Il dolore ci plasma, così come Cosimi costruisce con il fuoco le sue opere. Nella stessa misura ci forgia la paura, che è sempre e solamente paura di soffrire e morire. Per quanto cerchiamo di idealizzare e rendere bella la morte essa ci terrorizza: abbiamo inventato la resurrezione per renderla meno categorica e i vampiri per renderla meno categorica e più simpatica alla borghesia in ascesa. Le iconografie ufficiali dei campi di battaglia ci fanno edere eroici soldati che muoiono nei boschi, come se si addormentassero: mai le loro budella. Ma la morte è questo: angoscia, paura, carne che si perde, si guasta. In chi osserva un proprio caro morire prende il sopravvento la colpa. Si vorrebbe essere al loro posto o, quantomeno, nell'attimo in cui la vita fugge via, impedire al sonno di conquistarci, alla stanchezza di possederci, per essere sempre presenti, fino all’ultimo.

I chiodi, un tempo, chiudevano le bare. Colpi sordi e definitivi. Oggi si preferiscono le viti in acciaio ed il ronzio del trapano avvitatore. Più pratici, meno poetici. Cosimi ci riporta, nel parlare anche della morte, a quel dato definitivo. E ci ricorda, con i suoi chiodi, come in un gioco di altalene, la bellezza della vita.
L’esperienza estetica davanti alle opere di Roberto Cosimi è totale. Guardarle non basta. Bisogna toccarle, saggiare il ferro, la sua ruvidezza, la consistenza della vernice, contando una per una le asperità del materiale primigenio. Il ferro è l’essenza della terra è un caldissimo mare in tempesta al centro del nostro pianeta. Esattamente come crea il magnetismo, emette un richiamo nei nostri confronti: è qualcosa di ancestrale, che ha a che fare con le nostre radici biologiche. Sentiamo questo arcaico sussurro ogni volta che siamo di fronte ad una scultura del Cosimi. Un artista che ha la capacità di togliere, dal primordiale, tutti gli orpelli e gli abbellimenti artificiosi e ricondurlo allo stato grezzo, naturale. Lo plasma, quindi, dandogli forme archetipiche: uomini, donne, fanciulli, mari in tempesta, mani vigorose capaci di dolcezza eppure strumenti di violenza.
Vale la pena, quindi, sedersi davanti ad uno di questi lavori senza avere fretta, meditando, ascoltando le vibrazioni che nascono dentro di noi di fronte all’opera del maestro Cosimi.
Webmaster Francesco Mazzuca 2019
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